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L’esperimento di Zimbardo: fino a dove possiamo arrivare

Le vicende che leggiamo sui giornali o sentiamo alla televisione spesso ci colpiscono, tanto da farci pensare che alcuni comportamenti siano tutt’altro che umani.

L’esperimento di Zimbardo, che si è svolto in uno scantinato della Stanford University nel 1971, ci permette invece di capire come tutto quello fatto dagli umani è per definizione “umano”, per quanto spaventoso possa apparire.

Proprio nel 1971 il professor Zimbardo pubblicò infatti un annuncio, con cui cercava dei partecipanti a uno studio sulla vita carceraria, della durata di 2 settimana. Furono selezionate 24 persone, divise in carcerati e guardie.

Per rendere ancora più “vero” l’esperimento, le persone scelte come carcerati furono sottoposti a un finto arresto e prelevati dalle loro abitazioni, per essere condotti in uno scantinato dell’edificio Jordan Hill.

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Le problematiche legate all’esperimento di Zimbardo si palesarono già durante la seconda giornata, in cui i detenuti organizzarono una rivolta. Le guardie risposero con durezza, lavorando anche oltre il loro turno per sedare la rivolta.

Passate le prima 35 ore, uno dei prigionieri cominciò a dare segni di squilibrio mentale. Dal canto loro le guardie cominciarono a mettere in atto crudeli punizioni verso i prigionieri, privandoli del sonno e umiliandoli fisicamente e psicologicamente.

Di fronte all’aggressività eccessiva delle guardie, alle punizioni ingiustificate, come quella di dormire sul cemento e di essere lasciati in condizioni sanitarie deprecabili, incisero profondoamente sui progionieri. Che in alcuni casi diedero segni di angoscia e depressione, tanto da essere esonerati dall’esperimento.

Dopo soli 5 giorni l’esperimento fu interrotto: anche il professor Zimbardo era stato talmente assorbito dal suo ruolo di “direttore” che fu necessario l’intervento di una persona esterna all’esperimento per convincerlo a decretarne lo stop.

Conclusioni sull'esperimento della Stanford University

L’esperimento di Zimbardo dimostra fin dove le persone possono spingersi se influenzate dal loro ruolo e dal contesto sociale in cui operano. Le guardie finirono per perdere la loro identità personale a favore del proprio ruolo. E si sentirono anche deresponsabilizzate nei loro comportamenti, data la giustificazione di partecipare a un esperimento.

Il fatto di deumanizzare i prigionieri, identificandoli solo con un numero, aveva reso ancora più facile questo processo di deresponsabilizzazione.Tra i diversi esperimenti sociali, quello di Zimbardo dimostra in maniera chiara come l’ambiente abbia un’influenza importante sui nostri comportamenti, portandoci anche a superare limiti che mai avremmo pensato di superare.

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